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Preeclampsia severa: è indicato il trattamento antiipertensivo?

E’ indicato il trattamento antiipertensivo in caso di preeclampsia severa? 

Il controllo della pressione arteriosa nei casi di preeclampsia grave è utile per prevenire complicanze acute materne soprattutto di tipo cerebrovascolare e cardiovascolare; non è certo invece che il trattamento antiipertensivo possa migliorare la perfusione utero-placentare e ridurre il rischio di distacco di placenta, e non sembra comunque in grado di arrestare la progressione della malattia.

E’ indicato iniziare il trattamento antiipertensivo in presenza di valori pressori sistolici ≥160 mmHg e/o diastolici ≥110 mmHg, con l’obiettivo di mantenere i valori pressori sistolici tra 130-150 mmHg e quelli diastolici tra 80-100 mm Hg.

Fino a quando non saranno disponibili risultati conclusivi, la scelta del farmaco da utilizzare si basa sull’esperienza del clinico. Si propongono due schemi di trattamento dell’emergenza ipertensiva, da utilizzare in base all’esperienza clinica:

Schema 1:

  • NIFEDIPINA A LENTO RILASCIO: 20 mg per os da ripetere ogni 30 min, fino ad un massimo di 3 somministrazioni. Ottenuta la risoluzione della crisi ipertensiva si continua con un mantenimento di 20 mg ogni 4-12 ore (fino a un massimo di 120mg/die). E’ importante ricordare che l’effetto della nifedipina può essere potenziato dalla profilassi con solfato di magnesio.
  • In caso di risposta insufficiente, associare LABETALOLO:  20 mg e.v. a bolo (in 1 minuto); se l’effetto non è ottimale, somministrare 40 mg dopo 15 minuti seguiti da 80 mg ogni 15 minuti per due volte consecutive fino ad un massimo di 220 mg.
    In alternativa è possibile effettuare una infusione continua di labetalolo in pompa ad un tasso iniziale di 4 ml/ora con la possibilità di raddoppiare la concentrazione ogni mezzora fino ad un massimo di 32 ml (160mg)/ora, con lo scopo di ottenere una discesa della pressione sotto i valori di 160/110, idealmente attorno a 150/80.

La somministrazione di labetalolo ev deve essere eseguita in ambiente adeguatamente attrezzato. Sono controindicazioni l’asma e/o l’insufficienza cardiaca. Dosaggi elevati di labetalolo possono determinare bradicardia, ipotensione e ipoglicemia neonatali anche gravi.

La frequenza cardiaca materna non deve mai scendere sotto 60 battiti al minuto. Nel caso si verifichi bradicardia o ipotensione è necessario usare come antidoto l’atropina a un dosaggio di 3mg e.v (40mcg/Kg). Lo shock cardiogeno che non risponde all’atropina e meglio trattato con una infusione e.v. di glucagone (2-10mg in glucosata al 5%)

Schema 2:

  • LABETALOLO 200 mg os come farmaco di prima opzione: ciò consente di ridurre la pressione in circa 30 minuti e concede il tempo per le altre operatività. Una seconda dose può essere somministrata se necessario dopo 1 ora. Nel 50% delle gravide che richiedono un trattamento antipertensivo, la pressione viene controllata con la sola terapia orale. Il successivo mantenimento è di 200 – 800 mg ogni 8-6 ore (al massimo 2400mg)

E’ necessario sottolineare che in ogni caso occorre evitare un calo eccessivamente rapido e marcato dei valori pressori che può pregiudicare la perfusione placentare, cerebrale, cardiaca o renale.

E’ indicata la profilassi anticonvulsivante?

L’efficacia del MgSO4 nella prevenzione della crisi eclamptica è stata definitivamente dimostrata (2, 14, 15, 16).  La profilassi deve essere eseguita per almeno 24 ore nella fase di stabilizzazione, durante travaglio e per almeno 24 ore dopo il parto. (Vedi allegato “Schema di trattamento con MgSO4“, Capitolo Eclampsia).

NB. Il MgSO4 ha un proprio effetto antipertensivo che può potenziare quello della nifedipina.

E’ indicato il fluid management?

Al momento però non esiste sufficiente evidenza scientifica sugli effetti dell’espansione del volume plasmatico nelle donne preeclamptiche. Una eccessiva espansione dei volumi, associata al danno endoteliale diffuso e alla pressione colloido-osmotica ridotta, aumenta il rischio di edema polmonare e dovrebbe essere eseguita in condizioni di attenta monitorizzazione della paziente. L’infusione di liquidi deve essere riservata ai casi con oliguria in fase di stabilizzazione, e non deve superare 80 ml/ora.

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